Antiparassitari per ingestione: comodi, ma bastano davvero?

Negli ultimi anni si stanno diffondendo antiparassitari in forma di compresse da somministrare per bocca, una trovata comoda, specie per chi ha un cane che detesta pipette e collari. Basta una pasticca, e via: il cane è “protetto”. L’idea è allettante: niente più collari, niente più pipette, ma dietro la praticità si nasconde un problema che in pochi considerano.

Come funzionano davvero?

Questi prodotti appartengono alla categoria degli antiparassitari sistemici. Una volta ingeriti, il principio attivo entra nel sangue. Se una pulce o una zecca punge l’animale, ingerisce anche il principio attivo… e muore.

Tutto bene? Ni. Perché questo meccanismo funziona solo dopo la puntura.

E se il parassita trasmette malattie al primo morso?

Qui nasce il problema. Alcuni insetti, come il pappatacio (che può trasmettere la leishmaniosi), infettano al primo contatto con la pelle, nel momento stesso in cui pungono. A quel punto, poco importa se muoiono dopo: il danno è già fatto.

Morale della favola?

In zone a rischio leishmaniosi (e ce ne sono molte in Italia), la prevenzione deve avvenire prima della puntura. Ed è qui che entrano in gioco i repellenti veri e propri, cioè quei prodotti da applicare sulla pelle (pipette, spray, collari) che impediscono al parassita di avvicinarsi o di mordere.

Comodità vs efficacia

Nessuno nega che le pasticche siano pratiche. Ma l’efficacia reale dipende dal tipo di parassita e dal rischio locale. Pensare che una compressa possa bastare in ogni situazione è come pensare di andare in guerra con un ombrello: magari elegante, ma poco utile contro le pallottole.

“Leggere sempre le istruzioni d’uso e le controindicazioni”